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Intervista a Martina Longhin
Da allora non ho più smesso di scrivere.
Da Mozart a Hans Zimmer, passando per i Modà. L’importante che sia musica rilassante. Niente hard rock, metal o EDM.
In “Una cartolina dall’aldilà”, moltissimo. C’è la mia passione per la musica, la storia e i viaggi. Anche in “Alla ricerca di Lyset” c’è l’amore per la Norvegia, paese che ho visitato un paio di volte e che ho nel cuore.
Ho una preferenza per i libri basati su storie realmente accadute. Ora, per esempio, sto ultimando un romanzo ambientato nel decennio che va dal 1935 al 1945. Ma mi piace sperimentare e se mi viene in mente una storia che mi stimola, mi butto, che sia una favola o un thriller.
Se “Alla ricerca di Lyset”, dopo averlo scritto, l’ho messo in un cassetto, il secondo, “Anna. L’inferno in una bottiglia”, è quello che mi ha fatto trovare il coraggio di espormi e quindi di pubblicarlo. Il libro parla della violenza sulle donne ed è la storia realmente accaduta a una mia cara amica, costretta fin da piccola ad assistere impotente alle violenze che il padre alcolizzato riservava alla madre. Ho voluto scriverla e pubblicarla per cercare di sensibilizzare la gente sul grave problema della violenza, sul femminicidio e soprattutto su quante e quali conseguenze possa causare nei figli il comportamento e le scelte dei genitori, nell'infanzia ma anche in età adulta.
Preferisco il discorso diretto.
Per fortuna, finora, non ho mai avuto questo problema.
Non un beta reader professionista, ma due amiche che leggono moltissimo e a cui sottopongo tutti i miei manoscritti ancora in fase di stesura. Sono parecchio severe e se qualcosa non va, non si fanno problemi a dirmelo.
Il primo non me lo ricordo, ma il mio preferito era “Piccole donne”. Non so quante volte io l’abbia letto da bambina.
Più di uno in realtà. Tra tutti direi “I pilastri della terra” di Follett, “Il Codice da Vinci” di Dan Brown e “La cattedrale del mare” di Falcones.
Grazie a Martina per la chiacchierata
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