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Intervista a Federica Soprani
1) Da dove è nata la tua passione per la scrittura?
Fin da bambina mi sono sempre piaciute le storie, sia ascoltarle, sia leggerle, sia inventarne di mie. Da lì a iniziare a scriverne il passo è stato breve.
2) Cosa ascolti mentre scrivi?
Assolutamente nulla, anzi, preferisco scrivere nel silenzio più assoluto. Ascolto la musica per trarre ispirazione, questo sì. O mi capita di ascoltare un brano musicale o una canzone e immaginare una scena che scriverò in un secondo tempo. Ma mentre scrivo mi distrae enormemente.
3) Quanto di te metti nelle tue opere?
Una domanda molto, molto insidiosa… C’è stato un tempo in cui concepivo il mio mondo fantastico come altro da me, un Abisso del quale era nello stesso tempo custode e prigioniera. Ancora oggi ogni tanto ho una percezione molto meno poetica e più prosaica di essere la portinaia di un condominio di personaggi che per la maggior parte del tempo mi ignorano, o per i quali sono tutt’al più una seccatura. Ma immagino che tutto quello che c’è nelle cose che scrivo mi appartenga, sia una parte di me più o meno riconoscibile. Mi piace pensare alla mia scrittura un po’come al metodo Stanislavskij per la preparazione di un attore: qualcosa di legato all’approfondimento psicologico e alla ricerca di affinità tra personaggio e attore, che porta all’espressione di emozioni rielaborate intimamente e rese proprie, personali.
4) Il genere che preferisci scrivere?
Non ho un genere preferito. Va molto a momenti. Se fossi costretta a scegliere probabilmente sceglierei il Fantasy, ma è una definizione talmente ampia che finirei con l’imbrogliare. Considero Fantasy i romanzi di Marion Zimmer Bradley o di Tanith Lee (due autrici che amo molto, soprattutto la seconda), ma troviamo elementi fantasy, o quanto meno fantastici anche nei meravigliosi romanzi di Carlos Ruiz Zafón. Diciamo che il mio genere preferito è quello in cui elementi della realtà e elementi fantastici arrivano a sfiorarsi e confondersi, in un gioco ambiguo e affascinante.
5) Il libro che ti ha dato coraggio per buttarti nel mondo della scrittura
La grande Eulalia, l’opera prima di Paola Capriolo, un’altra delle mie autrici preferite nonché modello di riferimento. Aveva venticinque anni quando lo ha pubblicato, e io lo lessi la prima volta a quindici. Fu come un battesimo, per me.
6) Cosa preferisci: discorso diretto, indiretto, entrambi?
Le descrizioni. Ok, lo so, non vale… Però è vero, in quello che scrivo mi piace indugiare molto nelle descrizioni sia degli ambienti, sia delle atmosfere, sia dei personaggi. È un modo per costringere il lettore a venire dove voglio io, e una volta lì non ha molta importanza se il discorso è diretto o indiretto. Purché sia scritto bene, senza forzature, e sia credibile a seconda dell’epoca e dell’ambiente in cui sto scrivendo. Niente mi disturba maggiormente come lettrice che imbattermi in dialoghi tra personaggi che si muovono magari in epoca rinascimentale e parlano come influencer di Instagram…
7) Cosa ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?
Niente. Non c’è santo che tenga. Se mi sforzo è peggio. Aspetto che passi. Succede sempre. Almeno fino a oggi.
8) Hai una beta reader per le tue storie?
Più di uno. Dipende dal genere e dalla storia. Non amo tediare gli amici con i prodotti della mia mente malata, ma siccome so che alcuni tra loro sono più matti di me ogni tanto abuso della loro pazienza. E dal momento che la maggior parte di loro sono scrittori più che apprezzabili ne traggo immenso beneficio.
9) Il primo libro letto?
Tralasciando i libri di favole, che ho sempre amato e amo tuttora, credo sia stato un libro per ragazzi nell’armadio-biblioteca della mia classe alle elementari. Non ricordo nemmeno il titolo, ma raccontava la storia di un branco di lupi che finiva intrappolato magicamente in una montagna. Ricordo poco, ma era una storia molto cupa e oscura, considerando la mia età!
10) Il tuo libro preferito?
Difficile sceglierne uno solo. Forse La camera di sangue, di Angela Carter, ma a pari merito con Cime tempestose di Emily Bronte.
Non ho un genere preferito. Va molto a momenti. Se fossi costretta a scegliere probabilmente sceglierei il Fantasy, ma è una definizione talmente ampia che finirei con l’imbrogliare. Considero Fantasy i romanzi di Marion Zimmer Bradley o di Tanith Lee (due autrici che amo molto, soprattutto la seconda), ma troviamo elementi fantasy, o quanto meno fantastici anche nei meravigliosi romanzi di Carlos Ruiz Zafón. Diciamo che il mio genere preferito è quello in cui elementi della realtà e elementi fantastici arrivano a sfiorarsi e confondersi, in un gioco ambiguo e affascinante.
5) Il libro che ti ha dato coraggio per buttarti nel mondo della scrittura
La grande Eulalia, l’opera prima di Paola Capriolo, un’altra delle mie autrici preferite nonché modello di riferimento. Aveva venticinque anni quando lo ha pubblicato, e io lo lessi la prima volta a quindici. Fu come un battesimo, per me.
6) Cosa preferisci: discorso diretto, indiretto, entrambi?
Le descrizioni. Ok, lo so, non vale… Però è vero, in quello che scrivo mi piace indugiare molto nelle descrizioni sia degli ambienti, sia delle atmosfere, sia dei personaggi. È un modo per costringere il lettore a venire dove voglio io, e una volta lì non ha molta importanza se il discorso è diretto o indiretto. Purché sia scritto bene, senza forzature, e sia credibile a seconda dell’epoca e dell’ambiente in cui sto scrivendo. Niente mi disturba maggiormente come lettrice che imbattermi in dialoghi tra personaggi che si muovono magari in epoca rinascimentale e parlano come influencer di Instagram…
7) Cosa ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?
Niente. Non c’è santo che tenga. Se mi sforzo è peggio. Aspetto che passi. Succede sempre. Almeno fino a oggi.
8) Hai una beta reader per le tue storie?
Più di uno. Dipende dal genere e dalla storia. Non amo tediare gli amici con i prodotti della mia mente malata, ma siccome so che alcuni tra loro sono più matti di me ogni tanto abuso della loro pazienza. E dal momento che la maggior parte di loro sono scrittori più che apprezzabili ne traggo immenso beneficio.
9) Il primo libro letto?
Tralasciando i libri di favole, che ho sempre amato e amo tuttora, credo sia stato un libro per ragazzi nell’armadio-biblioteca della mia classe alle elementari. Non ricordo nemmeno il titolo, ma raccontava la storia di un branco di lupi che finiva intrappolato magicamente in una montagna. Ricordo poco, ma era una storia molto cupa e oscura, considerando la mia età!
10) Il tuo libro preferito?
Difficile sceglierne uno solo. Forse La camera di sangue, di Angela Carter, ma a pari merito con Cime tempestose di Emily Bronte.
Grazie a Federica per la chiacchierata
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