sabato 18 giugno 2022

Intervista a Cesare Impera

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Intervista a Cesare Impera 


1) Da dove è nata la tua passione per la scrittura?
Le motivazioni che mi hanno spinto a cimentarmi con la scrittura sono molteplici e risalgono a molto tempo fa quando leggendo la Talpa, un thriller storico di John le Carre, rimasi rabbuiato dall'epilogo per cui decisi di modificare il finale riscrivendolo a mio piacimento. La stessa cosa avvenne quando lessi La cruna dell'ago di Ken Follett, dove feci cadere nel dirupo la spia tedesca anziché David Rose, marito invalido della donna che si era invaghita appunto della spia Die Nadel, detta l'ago. In seguito continuai a leggere thriller, gialli e polizieschi, appuntando nella mente scene e fatti salienti, in particolare i finali. A distanza di molti anni, una volta terminata la carriera lavorativa, avendo tempo a disposizione, oltre continuare a leggere i classici del brivido e i romanzi di alcuni bravi autori emergenti, ho scritto io stesso una serie di romanzi, il primo dei quali è “Il vagone sul binario morto”. Un giallo ambientato a Torino, uscito qualche giorno fa edito dalla casa editrice “Segreti in giallo”. Un thriller dove s'intrecciano droga e delitti in una città che deve fare i conti col dislocamento della sua principale attività industriale. La scena del crimine si svolge in un area malfamata sottesa alla stazione ferroviari di porta nuova, dove viene ucciso il figlio di un vice commissario di polizia, per il quale vengono indagate due sorelle trovatesi sul luogo del crimine nell'ora in cui era stato commesso il delitto, ma che forse poco hanno a che fare col cruento fatto di sangue. Nel finale uno strano incidente e l'inutile gesto del vice commissario, padre dell'ucciso, sparigliano le carte lasciando di stucco il commissario incaricato dell'indagine.

2) Cosa ascolti mentre scrivi?
Le idee migliori non vengono mai quando sono davanti al computer. Fase in cui la trama di un romanzo e già in essere e occorre prestare attenzione a ciò che si scrive per non perdere il filo. Mentre quando la mente è libera, che so, durante una camminata in montagna, e può spaziare liberamente dove vuole, può essere il momento di metabolizzare qualcosa. Oppure la sera, quando nel letto prima di addormentarmi ripenso alle cose passate o a quelle vissute durante la giornata, a qualcosa che ha colpito la mia fantasia ed è rimasta impressa nella mente. Quelli sono i momenti in cui riesco a processare un idea, che tuttavia il più delle volte rimane tale, poiché come si sa, una su cento viene elaborata e messa su carta.

3) Quanto di te metti nelle tue opere?
Rileggendo i mie scritti mi sono reso conto che in ogni personaggio, inconsapevolmente, ritrovo parte di me stesso, del mio carattere e del mio modo di di essere nella vita di tutti i giorni. Penso che ciò che scriviamo sia parte integrante di noi stessi, per questo quando in un romanzo diamo vita a un personaggio, qualsiasi esso sia il genere, brutto o cattivo, positivo o negativo, nolenti o volenti il più delle volte rispecchia parte di noi stessi e della nostra personalità. Sono certo che la maggior parte delle cose che scriviamo vengano attinte dai cassetti della memorie dove vi è custodito il bagaglio culturale accumulato negli anni attraverso lo studio e le esperienze che ciascuno di noi ha vissuto nel bene e nel male.

4) Il genere che preferisci scrivere?
Il genere che più mi appassiona è senz'altro il noir e il thriller. Tuttavia mi sono cimentato anche nella scrittura di altri generi non ancora pubblicati. Uno dei quali è un romanzo distopico ambientato nel 3050, il quale tratta la fine dell'euro e dell'equilibrio fra le due principali religioni. L'ennesima corsa allo spazio di Russi e Americani e una guerra santa combattuta da iraniani e sauditi contro i cristiani. Il finale, con l'entrata in gioco della Cina, riserva più di una sorpresa. Il terzo romanzo, di tutt'altro genere, è ambientato in Sardegna nel Sulcis minerario più povero, dove sono nato e ancora risiedono i miei parenti. Attraverso i racconti di un'anziana signora emergono vecchie questioni, ricordi d'infanzia, intrighi e delitti avvenuti nelle campagne del luogo negli anni cinquanta. Nonché le consuetudini e le tradizioni della popolazione locale subito dopo la guerra.

5) Il libro che ti ha dato coraggio per buttarti nel mondo della scrittura
Se devo essere sincero non saprei. Molti sono gli autori che ho letto e che continuo a leggere, intervallando lettura a scrittura. Sono un estimatore di James Patterson e dei suoi personaggi principali, Kyle Craig, alias Mastermind, il sanguinario assassino acerrimo nemico del poliziotto Alex Cross che lo perseguita incessantemente. Sono anche un lettore di giallisti emergenti come Michel Bussì e Guillaume Musso, per citarne due tra i più bravi. Credo tuttavia che il fatto di aver letto gialli e polizieschi di autori di livello come Ken Follett e John Le Carrè, sia stato di fondamentale spinta. Come di grande utilità è stato leggere i gialli di Hitchcock e Agata Cristy, dai quali ho appreso l'importanza che ricopre il finale di un thriller; sopratutto quanto sia indispensabile tenere il lettore sul filo, facendogli vivere attraverso la scrittura scene e paesaggi come stesse guardando un film in televisione o in un cinema.

6) Cosa preferisci: discorso diretto, indiretto, entrambi?
Il mio stile narrativo non è prevalentemente rappresentato da un “discorso raccontato” il quale prevede una distanza abissale tra il narratore e la vicenda di cui narra la storia; dove nel testo non si trovano discorsi riportati, (discorsi virgolettati per intenderci) e i personaggi non hanno spazio per esprimersi autonomamente. Come il tipico caso di narratore tradizionale alla Manzoni, dove il narratore prende per mano il lettore e gli spiega ogni cosa sui personaggi, dando giudizi personali sugli avvenimenti e su quant'altro accade. Il mio stile narrativo, come avviene nella maggior parte dei gialli e nei polizieschi, è uno stile a “discorso riportato” dove i personaggi hanno la possibilità di esprimere i propri pensieri in maniera diretta. Per dirla in breve, abbonda di frasi virgolettate, che distinguono i dialoghi del narratore da quelli dei personaggi. Dove il linguaggio di questi ultimi, nonostante la tragicità delle situazioni spesso è caratterizzato da toni comici, poco forbiti e ironici, allo scopo di rimarcare la personalità, il ceto sociale e la provenienza geografica degli stessi.

7) Cosa ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?
In ogni romanzo, sia che esso faccia riferimento a fatti reali o storie frutto dell'immaginazione, vi è sempre un momento di stallo, perlomeno a me capita questo. Vi sono passaggi, circostanze, riferimenti storici e geografici per cui mi blocco e risulta quasi indispensabile staccare, riflettere e andare a documentarmi prima di riprendere a scrivere. A volte è persino piacevole tornare sui libri per ripassare quella determinata fase storica, per verificare le date e l'esito di certe battaglie. Nell'ultimo romanzo, quello in cui tratto i conflitti religiosi tra cristiani e musulmani, sciiti e sunniti e le conquiste spaziali di sovietici e americani, ho dovuto studiare a fondo la storia passata di alcune nazioni arabe, che peraltro già conoscevo avendoci lavorato parecchi anni, andando a spulciare vecchi libri di storia e attingendo informazioni dalle più disparate fonti, quali amici di nazionalità araba e professori universitari ferrati nella materia.

8) Hai una beta reader per le tue storie?
Certo che si. Ho una schiera di persone che leggono i mie scritti allo stato embrionale, questi sono i miei amici appassionati di romanzi gialli e di ottimi aperitivi serali. I quali sono i primi a cui sottopongo le mie bozze per ogni genere di osservazione e commento. Sono critici ma non ossessivi, ritengo che siano di fondamentale importanza poiché si limitano a leggere, motivare le critiche, qualora ve ne siano... (e ce ne sono) senza dare consigli né giudizi... sia nel bene che nel male.

9) Il primo libro letto?
“La casa in collina” di Cesare Pavese. Uno scrittore che ho presentato all'esame di maturità e che sto rileggendo con piacere.

10) Il tuo libro preferito?
“Ultima mossa” di James Patterson. Il testo, come avviene sempre con questo grande autore, è semplice ed elementare, privo di termini complicati. Il romanzo in questione è breve, così come anche i capitoli, che fin dalle prime battute spingono il lettore a volerne sapere sempre di più. Inoltre ha venduto milioni di copie, per cui non mi sarebbe dispiaciuto averci messo lo zampino.


Grazie a Cesare per la chiacchierata

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