giovedì 11 aprile 2019

Benvenuti nel nostro angolo

Titolo: La pelle
Autore: Curzio Malaparte
Edizione: Aldephi
Genere: Romanzo
Prezzo: Cartaceo 10.00


Sinossi
Una terribile peste dilaga a Napoli dal giorno in cui, nell'ottobre del 1943, gli eserciti alleati vi sono entrati come liberatori: una peste che corrompe non il corpo ma l'anima, spingendo le donne a vendersi e gli uomini a calpestare il rispetto di sé. Trasformata in un inferno di abiezione, la città offre a Malaparte visioni di un osceno, straziante orrore: la ragazza che in un tugurio, aprendo «lentamente la rosea e nera tenaglia delle gambe» , lascia che i soldati, per un dollaro, verifichino la sua verginità; le «parrucche» bionde o ruggine o tizianesche di cui donne con i capelli ossigenati e la pelle bianca di cipria si coprono il pube, perché «Negroes like blondes»; i bambini seminudi e pieni di terrore che megere dal viso incrostato di belletto vendono ai soldati marocchini nella piazzetta della Cappella Vecchia, dimentiche del fatto che a Napoli i bambini sono la sola cosa sacra. La peste - è questa l'indicibile verità - è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la «schifosa pelle». E, forse, la pietà: quella che in uno dei più bei capitoli di questo insostenibile e splendido romanzo - uno dei pochi che negli anni successivi alla guerra abbiano veramente, nel mondo intero, lasciato un solco indelebile - spinge Consuelo Caracciolo a denudarsi per rivestire del suo abito di raso, delle calze, degli scarpini di seta la giovane donna del Pallonetto morta in un bombardamento, trasformandola in Principessa delle Fate o in una statua della Madonna.

Recensione
Un romanzo difficile da leggere, altrettanto da recensire. Durante la lettura i rospi da ingoiare sono talmente tanti, specialmente da italiana, da napoletana, che a volte si prova la necessità di interrompere per riprendere fiato, per placare i sentimenti. Curzio Malaparte, nome d’arte dell’ufficiale militare e scrittore Kurt Erich Suckert, non aveva paura delle parole, non aveva paura di usarle, non aveva alcun timore di descrivere la realtà per ciò che era. Non a caso viene definito un neorealista, capace di descrivere la realtà con sconcertante crudezza, e mescolarla a evidenti parti di fantasia che però servono da espediente per sottolineare la veridicità dei sentimenti. La malinconia è ciò che accompagna il lettore di pagina in pagina, la tristezza infinita di vedere come, un popolo che si considera vinto, dimentichi tutti i valori per cui si è sempre ritenuto diverso dagli altri; nello specifico il popolo napoletano, famoso per certi valori, difesi fino all’estremo, ritenuti la base della cultura di una comunità, paiono in questo romanzo dimenticare completamente quali fossero questi pilastri. Donne, uomini, bambini e anziani svendono se stessi, la propria famiglia, la propria dignità.

Malaparte è un maestro nelle descrizioni. Specialmente quelle della città di Napoli, sono poesia allo stato puro. Un altro punto interessante dell’opera è la sconcertante attualità di certi discorsi socio-politici non solo riguardanti l’Italia, ma tutta l’Europa e gli Stati Uniti d’America. Per affrontare queste pagine bisogna avere una predisposizione mentale e sentimentale, per la crudezza a tratti ingenua di Malaparte. Personalmente, dopo anni di procrastinazione sono convinta di aver letto un capolavoro.

Voto: 5/5

Vi lasciamo con un estratto
«Che cosa, dunque, vi ha ridotti così?» disse il generale Guillame con voce un po’ rauca. 
«La pelle» 
«La pelle? Quale pelle?» disse il generale Guillame. 
«La pelle» risposi a voce bassa «La nostra pelle, questa maledetta pelle. Voi non immaginate neppure di cosa sia capace un uomo, di quali eroismi e di quali infamie sia capace, per salvare la pelle. Questa, questa schifosa pelle, vedete?»

Claudia Simonelli

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