mercoledì 14 novembre 2018

Benvenuti nel nostro angolo

Intervista a Daniela Vanni 



1) Da dove è nata la tua passione per la scrittura?


Ho sempre amato scrivere, fin dai tempi della scuola. Ma c’è stato un momento
particolare della mia vita in cui ho capito che scrivere era per me qualcosa di più di
un semplice hobby, era la mia cura. Ho iniziato a scrivere per me stessa,
esclusivamente per me stessa. Esattamente come lo faccio adesso. Ho cominciato
da semplici riflessioni, poesie, per poi riuscire ad abbinare due mie grandi passioni:
scrittura e musica. Ho passato anni a scrivere testi di canzoni, le mie canzoni,
prima di immergermi in questo mondo bizzarro di romanzi e notti in bianco. Ma
ancora adesso scrivere testi per canzoni fa parte del mio quotidiano. Mi sento bene
quando scrivo, e questo credo sia fondamentale.



2) Cosa ascolti mentre scrivi?


La musica è il filo conduttore di ogni cosa che scrivo. Ogni sentimento,
personaggio, luogo prende forma grazie ad una canzone. Amo il rock’n’roll, in modo
particolare. È questa la musica che mi rappresenta e in cui credo profondamente.
Ma devo essere sincera, ascolto ogni tipo di musica, perché ogni musica ha il
potere di generare e far fermentare sensazioni così tanto diverse, che quando le
metti insieme diventa quasi impossibile non riuscire a viaggiare con la fantasia. Ed
è lì che prendono forma luoghi, personaggi e sentimenti molto diversi fra loro.
Diciamo che mi è capitato di scrivere scegliendo come sottofondo “Woodoo Child”
di Jimi Hendrix, per poi un istante dopo cambiare completamente atmosfera e
scrivere con in sottofondo “Nocturne op. 9 n. 2” di Chopin.



3) Quanto di te metti nelle tue opere?


Moltissimo. Ma non nel modo in cui alcuni credono. Alcune delle persone che hanno
letto il mio primo romanzo “Good morning Darkness-live in NY” erano quasi
convinte che la protagonista fosse una specie di mio alter ego letterario. Sono una
persona per natura molto riflessiva ed introspettiva, ed amo mettere parti di me in
ogni personaggio che creo, questo anche quando cerco di plasmare personaggi
basandomi su ciò che invece rappresenta esattamente il contrario di ciò che sono.
Ammetto che fare questa cosa mi rimane ancora molto difficile, ma giuro è una
delle cose che trovo più affascinanti. Credo che la consapevolezza di chi siamo
possa essere di grande aiuto in questo contesto, e proprio per questo motivo
lavorare bene sul profilo psicologico dei personaggi in tal senso sia una cosa che
raramente si finisce mai di imparare.


4) Il genere che preferisci scrivere?



Amo la strada, il realismo. Mi piacciono le storie forti, personaggi al limite, vite al
limite. Storie d’amore che si intreccino a vite complicate che spesso cedono alla
tentazione di fare a volte scelte sbagliate. E mi piace analizzare ogni punto di vista
dei personaggi, anche quelli che fondamentalmente posso non condividere
personalmente. Nei miei romanzi trovereste sicuramente questo, e tanta, tanta
musica. Non riuscirei mai a scrivere generi quali horror, gialli o fantasy perché lo
ammetto non ne sarei capace. Così come non riuscirei a scrivere una bella e
romantica storia d’amore dai toni pastello. So che qualcuno mi odierà per questo
ma io preferisco il rosa shocking al rosa pastello.



5) Il libro che ti ha dato il coraggio per buttarti nel mondo della scrittura?


Beh, nessun libro mi ha dato il coraggio, quello è venuto fuori da un momento di
pazzia in cui ho deciso di spedire quel manoscritto vecchio più di dieci anni a
qualche CE. Però ammetto che in quel periodo stavo leggendo moltissime biografie
di gruppi musicali e artisti, tra cui “Freddie Mercury. Una biografia intima” edito da
Arcana.



6) Cosa preferisci discorso diretto, indiretto, entrambi?


Entrambi. Mi annoiano un po’ i testi con troppi discorsi indiretti, lo ammetto. Mi
fanno avvertire un certo distacco tra me e i personaggi. Credo che ci voglia il giusto
mix di entrambi, anche se il discorso diretto non è per niente semplice da gestire, il
suo utilizzo a volte viene dato un po’ troppo per scontato, mentre a me piacerebbe
tantissimo riuscire a definire i personaggi utilizzando i loro linguaggi piuttosto che
le descrizioni. 



7) Cosa ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?


E che lo dico a fare? Ascoltare musica. È l’unico modo che ho per trovare
ispirazione, l’unico strumento col quale posso andarmene un po’ da me. Perché per
riprendere a scrivere a volte ho bisogno proprio di quello... andarmene da me
stessa.



8) Hai una beta reader per le tue storie?


Per il mio primo romanzo ne ho avuti due in verità, e li ringrazio tantissimo perché
è anche grazie a loro che ho trovato il coraggio di inviare quel manoscritto alla CE.



9)  Il primo libro letto?


“Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach. Forse sarà un po’ scontato, ma
quel libro è stato per me l’inizio di un percorso di vita, il suo significato e la sua
morale rispecchiano perfettamente tutto il senso che si nasconde nel viaggio di
tutta una vita.



10) Il tuo libro preferito?


Nominerei “Fiesta” di Hernest Hemingway (uno dei miei autori preferiti da
sempre), se non fosse per questa incalcolabile adorazione che ho nei confronti di
uno scrittore che fa della musica la sua colonna portante di ispirazione: Murakami
Haruki col suo “Norwegian Wood/Tokyo Blues”. Quando si parla d’amore e
sentimenti, in modo così profondo e sincero, sulle note di artisti come Miles Davis,
Doors e Beatles io posso solo ringraziare Dio per averci regalato penne di questo
calibro.



Grazie a Daniela per la chiacchierata!





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