Judith è sposata e ha due grandi amori: la sua famiglia e la scrittura.
Ama sognare ad occhi aperti e leggere storie che le trasmettano speranza, positività, amore per la vita. I suoi autori preferiti sono tantissimi: Amy Harmon, Colleen Hoover, Nicholas Sparks, Jojo Moyes, Katie McGarry, Katie Cotugno, Kasie West, Cecilia Ahern e molti altri.
Il suo motto è: “Credere nelle proprie ispirazioni.”
Ha una predilezione anche per le serie tv, il caffè e i dolci.
Vi lasciamo con qualche estratto:
Dalla mia postazione in cucina m’accorsi della testa dai capelli castano chiaro di Adam, il ragazzo più ambito di tutta Secrets, riversa ciondoloni sul tavolo.
Avevo servito maxi hamburger innaffiati di ketchup e patatine fritte a lui e ai suoi amici del college. Poi loro se n'erano andati ed era rimasto solo.
In quel momento dimenticai quanto fosse carino e che ai tempi in cui frequentavamo la High School era stato eletto re del ballo: ormai era semplicemente l’ennesimo ragazzo con un dopo sbronza micidiale da cacciare fuori dal locale.
Appoggiai lo strofinaccio sul bancone della cucina e mi passai nervosa il dorso della mano sulla fronte madida di sudore: il caldo dei fornelli mi si era appiccicato in viso. Sbuffai e la frangia si sollevò sulla fronte. Attraverso la finestrella da cui allungavo gli hamburger alle cameriere, avevo una perfetta visuale della faccia collassata sul tavolo come una persona incosciente stramazzata sulla riva. Ero stanca, non vedevo l'ora di andare a casa e infilarmi sotto le lenzuola per dormire.
Avanti mi dissi. Sistemai meglio gli occhiali sul naso e uscii dalla porta con le ante girevoli.
Mi avvicinai pronta a dar battaglia.
Arrivata di fronte ad Adam mi fermai. Era davvero bello. Anche in quel momento in cui era sfatto, i capelli leggermente lunghi gli ricadevano in morbide ciocche sul viso. Gli occhi erano chiusi, con lunghe ciglia sottili, ma sapevo che erano di un azzurro intenso. La maglia attillata metteva in evidenza le spalle larghe e muscolose e il busto ben tornito.
Allungai la mano e provai a scuotergli il braccio, con delicatezza.
«Stiamo per chiudere» gli dissi.
Accidenti quanto erano duri quei muscoli! Il braccio non si era smosso di un millimetro.
Lui, però, dovette aver percepito qualcosa perché sollevò appena la testa e aprì di mezzo centimetro le palpebre, rivelando uno spicchio di cielo. Bofonchiò qualcosa d'incomprensibile e si voltò con la testa dall'altra parte, come per dormire meglio.
Sbottai frustrata. Gli strattonai il gomito con più forza.
«Ehi, principe azzurro!» lo chiamai. «Sveglia!»
Lui aprì di malavoglia gli occhi e il turchese delle iridi m’inchiodò, facendomi mancare un battito. Deglutii.
«Stiamo per chiudere» gli ripetei dura.
Adam faticava a uscire dai fumi del sonno. Doveva essere sbronzo forte. Dava l’impressione di avere udito a stento le parole e sperai avesse incamerato l’invito ad andarsene: avevo calcato, infatti, sulla parola “chiudere”.
Ma lui non colse il mio tentativo esplicito di farlo uscire con le buone maniere. Anzi, si sollevò con una calma snervante. Infine si appoggiò allo schienale della sedia guardandomi con aria tracotante e un irritante sorrisetto che gli arcuava la bella bocca.
Iniziai sul serio a spazientirmi. Appoggiai una mano sul fianco e l’altra sul tavolo in laminato.
«Allora, mi hai sentito?»
Il sorriso gli danzò sulle labbra in un chiaro segno di sfida.
«Ho un udito perfetto» ribadì a tono, inarcando indietro la schiena e stirando in alto le braccia. Mossa che, ovviamente, mise in risalto il suo corpo statuario. E l’accenno di barba chiara sul mento non aiutava di certo la mia concentrazione.
Feci appello a tutta la mia capacità di non scompormi davanti a tanta magnificenza.
«Allora non serve che ripeta l’invito che ti ho appena fatto.»
Mi guardò con aria scocciata, socchiudendo appena gli occhi come avesse dovuto prendere le misure per levare di torno una mosca fastidiosa.
Percepii subito aria di pericolo, come quando si solleva il vento dalla spiaggia e si gonfiano i cavalloni nell’oceano.
«I tuoi amici se ne sono già andati» commentai sperando che, nonostante fosse obnubilato dall’alcool, riuscisse a fare il collegamento successivo: sparisci anche tu.
Tuttavia, Adam aveva la faccia di uno che non intendeva darsi per vinto. Voleva stuzzicarmi. Mi indirizzò uno dei suoi migliori sorrisi da schiaffi e inchiodò i miei occhi nei suoi, tanto che indietreggiai mio malgrado.
«Mi hanno lasciato qui tutto solo soletto» si lagnò in tono stucchevole.
Afferrai un vassoio lasciato sul tavolo accanto e iniziai a riempirlo con gli avanzi di cibo, i bicchieri vuoti, le bottiglie e le lattine di birra e Coca.
«Strani amici se ti mollano qui, strafatto, a dormire.»
Adam si accigliò. «E tu che ne sai di amici?» arricciò divertito le labbra fino a formare un ghigno pericoloso. «Sei sempre da sola.»
«Meglio sola che dover stare con gente che non mi piace» ribattei in modo del tutto spontaneo. «I tuoi amici del college non mi sembrano molto affidabili.»
«Non ti stanno a genio eh?» mi guardò storto.
«No» gli risposi secca. Troppo secca.
Mi morsi la lingua.
Alzai gli occhi. Mi accorsi troppo tardi che la stoccata tagliente era stata una mossa sbagliata. Me l’avrebbe restituita con gli interessi. Infatti il ghigno sulla sua bella bocca, disegnata ad arte, si ingrandì e gli occhi brillarono di una luce sinistra.
Mormorò un motivetto a fior di labbra, una specie di canzoncina. Anche se solo sussurrato, afferrai al volo le parole e m’irrigidii in un battere di ciglia.
«Rachel-la-racchia. Rachel-la-racchia» canticchiò la melodia stonata che tutti i coetanei in città conoscevano, perché era la canzoncina con cui mi prendevano in giro a scuola.
Era un vile colpo basso. Indietreggiai, gli occhi lucidi. Non mi affibbiavano quel nomignolo dai tempi della High School: ero sicura di essermelo lasciato alle spalle.
Invece, ecco che affiorava di nuovo. Si vede che certe situazioni sono cicliche: se spariscono per un po’, è solo per tornare all’improvviso e farti stare ancora più male."