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Intervista a Manuel Sgarella
1) Da dove è nata la tua passione per la scrittura?
Dal cinema. Da sempre sono appassionato della settima arte e fin da piccolo mi ha affascinato il fatto che i film partano dalla sceneggiatura, da qualcuno che scrive sulla carta immaginando l’azione dei personaggi. Da qui è nata la frequentazione della Scuola del Cinema e la passione per la narrazione delle storie.
2) Cosa ascolti mentre scrivi?
Di tutto. Dipende dalla storia che sto scrivendo, dal periodo, dall’umore. Per il libro “Del perduto amore” mi ero messo ad ascoltare solo opere. Con altre storie ho creato vere e proprie playlist. Altre volte, invece, solo silenzio. Per dare la carica, però, al momento di partire metto sempre qualcosa degli Imagine Dragons.
3) Quanto di te metti nelle tue opere?
Non saprei dirlo con certezza perché emerge sempre dopo che ho scritto qualcosa. Se ci penso prima, mi limito, forse inconsciamente, per timidezza di espormi. Meglio lasciarsi andare e vedere cosa succede. Vengono fuori sempre delle belle e inaspettate sorprese.
4) Il genere che preferisci scrivere?
Mi piace sperimentare. Ho scritto romance, storici, sportivi, thriller e noir. Tutti partivano da uno spunto diverso della mia vita. Dire che non ne preferisco uno piuttosto che un altro, sarebbe come tradire uno di loro. Poi ognuno ha il proprio preferito, ma cambia in continuazione con il passare del tempo.
5) Il libro che ti ha dato coraggio per buttarti nel mondo della scrittura
Pensavo di non essere in grado di scrivere un romanzo, che era troppo presto, che non ce l’hai mai fatta a portare a termine un impegno così grosso. E così, per provare a me stesso il contrario, sono partito con il genere più difficile: lo storico, che richiede tantissima ricerca. Prima con la storia di uno sportivo un po’ matto (Il testamento del maratoneta), poi proprio con “Del primo amore”.
6) Cosa preferisci: discorso diretto, indiretto, entrambi?
Diretto senza pensarci. Proprio per la mia formazione cinematografica, per lo studio della sceneggiatura. I discorsi diretti, insieme alle azioni, fanno arrivare nel lettore l’emozione che non deve essere spiegata, quel “qualcosa tra le righe” che rende grande una storia, che crea la giusta complicità con il lettore. È bellissimo quando succede, ma non è per nulla scontato.
7) Cosa ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?
Alzarmi al mattino presto e mettermi a scrivere senza aver programmato troppo. Tendo a volere avere tutto sotto controllo e ben prestabilito, ma alzarsi presto al mattino, essere confuso, non avere le idee chiarissime, mi aiuta a buttare “su carta” senza troppi freni le parole, le frasi, i pezzi di storia che poi possono diventare soluzioni al blocco.
8) Hai una beta reader per le tue storie?
Più di una. Mi aiutano diverse amiche, sempre per passione, per amicizia, per complicità. A volte consegno loro il romanzo finito, a volte invece anche in progress, per capire le reazioni se stanno andando nella direzione che mi ero prefissato.
9) Il primo libro letto?
“Il corriere dei piccoli” vale? Sono un nerd, ho sempre letto, sono sempre andato in biblioteca, non ricordo quale sia stato il primo vero romanzo, ce ne sono tanti. Ho letto IT di King che avevo 11 anni, e subito dopo Il signore degli anelli durante una vacanza estiva. Il tutto alternando fumetti e film di ogni genere.
10) Il tuo libro preferito?
Cambia in continuazione. Oltre al King che ho citato prima, recentemente ho adorato Dicker, ma quando andavo alla scuola del cinema per anni ho detto che il mio preferito era “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” di Carver. L’estate scorsa mi è entrato nel cuore “Cambiare l’acqua ai fiori” (tra l’altro scritto da una sceneggiatrice, compagna di uno noto regista francese). Insomma, non ho un libro preferito in assoluto. Per me sono come le canzoni: a seconda dell’umore ti ricordi delle emozioni provate con determinato romanzo.
Grazie a Manuel per la chiacchierata
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