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Intervista a Dana Porter
Di tutto. Le cuffie sono le mie migliori amiche quando si tratta di scrivere, ma non presto mai molta attenzione a ciò che ascolto, semplicemente faccio partire una playlist a caso e mi immergo nella scrittura. Ho un animo profondamente metal, ma ascolto di tutto; mi è capitato anche di ascoltare Vivaldi o Chopin mentre scrivevo, così come Rammstein o Trivium.
Dipende dall’opera. Generalmente mi rendo conto a stesura ultimata quanto di me c’è in ogni mio scritto. Nella prima storia che ho scritto, un romanzo rosa che resterà inedito, la protagonista era praticamente la mia fotocopia, caratterialmente parlando. Nella trilogia che sto pubblicando invece c’è molto poco, si tratta di un romanzo fantasy ambientato nel XIX secolo, quindi molto distante da me, però anche lì qualcosina sono riuscita a inserire: il mio amore per la lettura e l’editoria sono gli stessi che accomunano prima il protagonista e la sua amata e poi il protagonista e l’editore che si occupa della sua autobiografia; la mia curiosità e la mia passione per il “mondo” dei vampiri è sicuramente palpabile, ma traspare anche molto del mio lato leggermente gotico.
Mi piace scrivere di tutto: mi sono dilettata nella stesura di un romance, sto per pubblicare un romanzo urban fantasy, sto scrivendo un noir e, nel frattempo, ho abbozzato qualche capitolo di un romanzo di narrativa storica. Diciamo che mi piace variare e mi piace mettermi continuamente alla prova. Però ho capito che il rosa non fa per me…
“After” di Anna Todd. Da molti reputato un libro “da adolescenti”, a me invece ha dato tanto. Forse perché mi è capitato tra le mani in un momento un po’ particolare della mia vita, forse per lo stile scorrevole dell’autrice, forse perché mi ha fatta sognare a occhi aperti quando ho scoperto il percorso fatto dalla Todd per arrivare dov’è, sinceramente non lo so, ma quel libro ha sbloccato qualcosa in me. Rapportando invece la tua domanda al romanzo che sto pubblicando: il prologo l’ho scritto di getto, sul cellulare (cosa che non faccio mai, solitamente scrivo al PC), dopo aver letto “Cime Tempestose” di Emily Brontё. Mi è stato d’ispirazione per quanto riguarda l’amore platonico che c’è tra i personaggi della Brontё e che, per certi versi, è presente anche nel primo volume della mia trilogia.
Allora, domanda difficile questa. Quando scrivo, preferisco scrivere i discorsi diretti, mi piace dar voce ai miei personaggi, mi piace immedesimarmi in loro e immaginare le loro reazioni, i loro modi di parlare (nella mia mente hanno tutti una voce ben definita). Nel leggere invece, dipende molto dallo stile dell’autore, ce ne sono alcuni che scrivono discorsi diretti spettacolari (amo quelli della Austen, per esempio) e altri di cui preferisco le parti narrate.
Dipende dal tipo di blocco. Mi è capitato di diventare di colpo “allergica” a una determinata storia, a non sopportarne più la vista e lì ho dovuto fare un passo indietro e mollare per un po’, concentrandomi su altro. Allo stesso tempo, mi è capitato di essere bloccata su una vicenda e non saperne uscire, nonostante la voglia di scrivere era tanta; in quel caso, ho preso PC e cuffie e mi sono buttata a capofitto su un foglio bianco di word facendo una specie di brain storming. Insomma, ho scritto tutto quello che mi passava per la mente, ovviamente inerente all’opera alla quale mi stavo dedicando in quel momento, e qualche volta è venuto fuori qualcosa di buono da questo metodo. Ritengo che a volte sia utile cercare in tutti i modi di superare un blocco, altre invece credo sia meglio accoglierlo, ascoltare la propria mente che ci chiede una pausa e concedergliela.
Purtroppo no. Ne ho cercati, ma non ho mai trovato qualcuno disposto a prendersi un impegno serio, però i miei beta reader sono gli utenti di Wattpad, tra i quali ho anche stretto diverse amicizie e che mi hanno aiutata moltissimo. Su quella piattaforma ho scoperto parti di me che non sapevo di possedere e sono migliorata molto nella scrittura, grazie anche a chi mi ha bastonata al momento giusto o a chi mi ha spronato a non mollare quando invece lo avrei fatto.
Sinceramente non ricordo. Porta pazienza, leggo da quando ho memoria, avrò avuto sì e no otto anni quando ho letto il mio primo libro (vale a dire quasi vent’anni fa), ma posso dirti che da piccolina ero appassionata di fantasy, ho passato un periodo in cui ero completamente persa per “Harry Potter”, ma tanto da avere le pareti della mia cameretta tappezzate dai poster di Daniel Radcliffe, che spuntava fiero in mezzo a poster dei gruppi metal che ero solita ascoltare. Poi ho passato un periodo in cui ho letto tutto quello che riuscivo a trovare sui vampiri, ne ero fissata e credo di non aver ancora smesso del tutto di esserlo. Un’altra cosa che ricordo è che già da piccolina cercavo i “mattoni”. Ecco, non riuscivo ad accontentarmi delle fiabe, io volevo leggere dei libroni interi. Successivamente, invece, verso l’età adolescenziale, sono passata dal fantasy al giallo. Ora leggo un po’ tutto quello che mi capita tra le mani.
Questa è la domanda più difficile che potessi farmi. Non ho mai avuto un libro preferito, anche nei periodi in cui sono più fissata con un genere letterario piuttosto che con un altro, leggo comunque di tutto. Ti posso elencare alcuni libri che mi sono rimasti nel cuore e che rileggo volentieri: “Intervista col vampiro” di Anne Rice, i gialli di Sophie Hannah, “L’avvocato canaglia” di John Grisham, “Cime Tempestose” di Emily Brontё e non può certo mancare “Il miglio verde” di Stephen King. Insomma, vado un po’ di classici generalmente, ma non è detto. Ci sono periodi in cui mi può capitare di perdere la testa per qualche altro genere di romanzo e non riuscire a togliermelo dalla testa (ultimamente mi è successo con “Il volo del canarino” di Franco Casadidio, che mi è rimasto nel cuore, anche se non lo posso paragonare ai grandi classici citati poco prima).
Grazie a Dana per la chiacchierata
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