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Titolo dell'opera: Mandami tanta vita
Autore: Paolo Di Paolo
Editore: Fertinelli
Prezzo Cartaceo: 8,00 euro
Prezzo ebook: 5,99 euro
Pagine: 168
Genere: Narrativa moderna, romanzo di formazione.
Sinossi:
Moraldo, arrivato a Torino per una sessione d'esami, scopre di avere scambiato la sua valigia con quella di uno sconosciuto. Mentre fatica sui testi di filosofia e disegna caricature, coltiva la sua ammirazione per un coetaneo di nome Piero. Alto, magro, occhiali da miope, a soli ventiquattro anni Piero ha già fondato riviste, una casa editrice, e combatte con lucidità la deriva autoritaria del Paese. Sono i giorni di carnevale del 1926. Moraldo spia Piero, vorrebbe incontrarlo, imitarlo, farselo amico, ma ogni tentativo fallisce. Nel frattempo ritrova la valigia smarrita, ed è conquistato da Carlotta, una fotografa di strada disinvolta e imprendibile in partenza per Parigi. Anche Piero è partito per Parigi, lasciando a Torino il grande amore, Ada, e il loro bambino nato da un mese. Nel gelo della città straniera, mosso da una febbrile ansia di progetti, di libertà, di rivoluzione, Piero si ammala. E Moraldo? Anche lui, inseguendo Carlotta, sta per raggiungere Parigi. L'amore, le aspirazioni, la tensione verso il futuro: tutto si leva in volo come le mongolfiere sopra la Senna. Che risposte deve aspettarsi? Sono Carlotta e Piero, le sue risposte? O tutto è solo un'illusione della giovinezza? Paolo Di Paolo, evocando un protagonista del nostro Novecento, scrive un romanzo appassionato e commosso sull'incanto, la fatica, il rischio di essere giovani.
Recensione:
Un romanzo di formazione tratto da una storia vera quello di Paolo di Paolo. Una storia in fondo semplice con una trama molto lineare, ma allo stesso tempo complicata da quei patimenti dell’animo di qualunque ventenne passato, presente e futuro. I protagonisti sono due giovani, Moraldo e Piero. Il primo nota il secondo all'università, all'inizio ne è infastidito ma poi tutto cambia quando scopre che Piero a soli ventiquattro anni ha fondato una casa editrice, alcune riviste e combatte apertamente il fascismo attraverso la sua penna, al punto tale da dover imporre a se stesso l’esilio a Parigi.
Moraldo dal canto suo è un timido, impacciato ragazzo di ventitré anni che fa quello che ogni ventitreenne fa: si domanda cosa ci sia di sbagliato nella sua vita, cosa deve cambiare per poter raggiungere tutto ciò che ammira nel “giovane editore”.
Assistiamo alla storia dei due ragazzi che viaggiano su binari paralleli e che, combattendo con le difficoltà degli ideali, della giovane età, del periodo storico, tentano faticosamente di raggiungere i loro sogni e i desideri.
Conosceremo Ada, la moglie e il grande amore di Piero, che rimane a Torino col loro bambino di solo un mese, scrivendo lettere a suo marito nel tentativo di “mandargli la vita”, quella che gli manca, quella alla quale ha rinunciato scappando dal suo paese.
Conosceremo Carlotta, una fotografa viaggiatrice, libera, anticonformista, che scambierà per sbaglio la propria valigia con quella di Moraldo, sconvolgendo ancora una volta il suo piccolo mondo.
Una storia che fa riflettere sulla differenza di responsabilità di un ventenne del 2017 rispetto a quelle di un ventenne della seconda metà degli anni venti. Eppure, nonostante tutte le differenze non riesco a non pensare che quella pesantezza del cuore e dei sentimenti è in fondo un linguaggio universale, il non sapere chi vogliamo essere, il non capire cosa siamo, quella sensazione di esistere ovunque e di non andare da nessuna parte che, in fondo, fa parte del processo di crescita di ognuno di noi.
Un romanzo che parte da uno spunto storico ed evolve in romanzo di formazione.
Infatti il nostro Piero è Piero Gobetti, giovane mente brillante morto troppo giovane, un uomo dai mille progetti, che amava la famiglia e desiderava un futuro, un giovanissimo giornalista ed editore che con la sua penna cercò di combattere il fascismo, morto troppo presto per colpa della sua salute ballerina.
Un romanzo consigliato che, a chi come me la ventina l’ha appena passata fa venire un pizzico di nostalgia.
Vi lasciamo con un estratto:
"Quando smetti di essere un bambino, non te ne accorgi. È una campanella che suona più a lungo del previsto, o semplicemente il risultato di un'estate. Quando smetti di essere adolescente, no, nemmeno di questo ti accorgi. Stai correndo. Stai per perdere un treno. Sei concentrato solo in quella corsa. [...]
E quando smetti di essere giovane?
Lì no, impossibile non accorgersi: una sequela di avvisaglie, di avvertimenti ti incalza, conferma che si sta esaurendo la scorta di benevolenza che il tempo e il mondo ti hanno destinato. Che cosa si guadagna, crescendo? Dove non avresti immaginato conflitti, è proprio là che esplodono, con una violenza che può lasciarti stordito. Non c'è quasi più niente che somigli a un dono. Tutto ha l'aria di una promessa non mantenuta".
Claudia Simonelli